Altissima, regale, bella come la Madonna di Antonello da Messina, ma con il velo nero. E occhi profondi. Entrano in tre: un uomo, una bella ragazzina con la bicicletta e lei, che si ferma sulla porta. La guardo e le chiedo se posso aiutarla. Si avvicina, mi hanno mandata qui, dice, estrae una lista di libri per la scuola e me la porge. Ne faccio una copia e rispondo che controllerò tra i libri che abbiamo, che chiederò in giro. Sono duecento euro, dice, e domani vogliono i libri a scuola. In un sussurro e con gli occhi bassi mi chiede se distribuiamo alimenti. Vedo che le tremano le labbra e le stringo le mani. Serra la bocca e le lacrime cominciano a scorrere mentre nasconde il viso, tanti problemi, ed è un soffio. Il dolore ha un pudore che va rispettato, così andiamo nella stanza accanto dove non c’è nessuno. Ci sediamo. Le stringo ancora le mani. «Miomaritoèpartitopetunisipervederesec’èunabuonasituazionemaèundisastrononholavoroeneppureisoldipercomprareunpaccodipasta». E’ una raffica di parole e di lacrime. Le sorrido e lei si asciuga il viso con un angolo del velo nero che la fa sembrare una Madonna Addolorata. «Non so perché mi sono messa a piangere, ti ho guardata dalla porta e mi hai attratta, ho sentito che mi potevo fidare e mi sono sentita serena». Mi abbraccia forte e singhiozza. Parla un italiano perfetto, sorrido. Poche volte ho visto una tale dignità. «Mi hai mai vista qui? Non ho mai avuto bisogno e non mi sembra giusto togliere a chi non ha davvero, noi avevamo un lavoro. E voglio lavorare, non voglio elemosina, c’è che ha più bisogno perché non è neppure in grado di lavorare». Le dico di tornare l’indomani per compilare la sceda e iscriverla per la spesa, ma io non ci sarò. Andrò per lei. «Per favore, dimmi a che ora verrai, perché se non ti vedrò non entrerò neppure». Un’altra storia, altro dolore, un’altra esistenza che incrocia la mia. Un altro fardello. Stranamente però, non pesa.
nov 9 2015
La Madonna col velo nero
Altissima, regale, bella come la Madonna di Antonello da Messina, ma con il velo nero. E occhi profondi. Entrano in tre: un uomo, una bella ragazzina con la bicicletta e lei, che si ferma sulla porta. La guardo e le chiedo se posso aiutarla. Si avvicina, mi hanno mandata qui, dice, estrae una lista di libri per la scuola e me la porge. Ne faccio una copia e rispondo che controllerò tra i libri che abbiamo, che chiederò in giro. Sono duecento euro, dice, e domani vogliono i libri a scuola. In un sussurro e con gli occhi bassi mi chiede se distribuiamo alimenti. Vedo che le tremano le labbra e le stringo le mani. Serra la bocca e le lacrime cominciano a scorrere mentre nasconde il viso, tanti problemi, ed è un soffio. Il dolore ha un pudore che va rispettato, così andiamo nella stanza accanto dove non c’è nessuno. Ci sediamo. Le stringo ancora le mani. «Miomaritoèpartitopetunisipervederesec’èunabuonasituazionemaèundisastrononholavoroeneppureisoldipercomprareunpaccodipasta». E’ una raffica di parole e di lacrime. Le sorrido e lei si asciuga il viso con un angolo del velo nero che la fa sembrare una Madonna Addolorata. «Non so perché mi sono messa a piangere, ti ho guardata dalla porta e mi hai attratta, ho sentito che mi potevo fidare e mi sono sentita serena». Mi abbraccia forte e singhiozza. Parla un italiano perfetto, sorrido. Poche volte ho visto una tale dignità. «Mi hai mai vista qui? Non ho mai avuto bisogno e non mi sembra giusto togliere a chi non ha davvero, noi avevamo un lavoro. E voglio lavorare, non voglio elemosina, c’è che ha più bisogno perché non è neppure in grado di lavorare». Le dico di tornare l’indomani per compilare la sceda e iscriverla per la spesa, ma io non ci sarò. Andrò per lei. «Per favore, dimmi a che ora verrai, perché se non ti vedrò non entrerò neppure». Un’altra storia, altro dolore, un’altra esistenza che incrocia la mia. Un altro fardello. Stranamente però, non pesa.