L’11 e il 12 novembre si è svolto il Summit di Malta sulla migrazione, al fine di discutere non solo a proposito delle misure adottate dai paesi europei per fronteggiare i flussi, ma anche per indagare sulle cause profonde della migrazione e analizzare la questione nei paesi di origine dei flussi migratori e in quelli di transito. La conferenza è stata incentrata sui processi di cooperazione esistenti tra l’Europa e l’Africa, in particolare i processi di Rabat e di Khartoum sulla migrazione e il dialogo Unione Europea – Africa in materia di migrazione e mobilità. Al vertice hanno partecipato i rappresentanti degli Stati Membri dell’Unione Europea e dei paesi partecipanti ai processi di Rabat e Khartoum, gli osservatori dei processi di Rabat, i rappresentanti della Commissione dell’Unione Africana e della Commissione della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), i rappresentanti delle Nazioni Unite (ONU) e dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).
Il Centro Astalli, in occasione del vertice di Malta, ha sottolineato alcuni punti cruciali per un cambiamento sostanziale e non più procrastinabile delle politiche UE in materia di migrazione.
Come evitare altre morti durante i viaggi verso l’Europa?
Non si può tollerare che continuano le stragi quotidiane nel Mediterraneo, a cui si sommano quelle meno visibili nel Sahara e lungo le rotte della migrazione forzata. È urgente creare vie sicure e legali di accesso all’Europa: rilascio di “visti umanitari”, sospensione temporanea dell’obbligo di visto in alcune situazioni critiche; incremento del resettlement, ampliamento del diritto al ricongiungimento familiare o altri meccanismi che potrebbero essere sperimentati in progetti pilota, in collaborazione con chi opera nei Paesi di origine o di transito. Ma devono essere misure proporzionate per quantità al bisogno. Nonostante il dichiarato impegno a contrastare il traffico di esseri umani, non abbiamo ancora visto un impegno europeo significativo su questo tipo di misure, che sono le uniche in grado di contrastare effettivamente lo smuggling.
La soluzione non può essere chiudere le frontiere
Lo sforzo di mettere in atto azioni di tutela umanitaria di emergenza lungo le rotte percorse dai rifugiati, specialmente in vista dell’arrivo dei mesi invernali, è apprezzabile e sensato. Preoccupa invece l’intenzione di bloccare i flussi in Paesi fuori delle frontiere esterne dell’Unione. Non è accettabile che l’Europa deleghi gli obblighi di protezione a Paesi Terzi che non possono assicurare standard di protezione adeguati alla dignità e ai diritti delle persone. La protezione effettiva dei rifugiati deve essere prioritaria rispetto all’esigenza di contenere i flussi.
La solidarietà europea
Nutriamo serie perplessità rispetto alle modalità di questo programma di relocation, su cui si sta facendo un investimento considerevole. Il piano proposto appare non solo numericamente insufficiente, ma non privo di punti critici.
Associare la protezione internazionale ad alcune nazionalità di origine, suggerendo che i cittadini di alcuni Stati abbiano chiaramente bisogno di protezione e quelli di altri Stati non abbiano invece titolo, può portare a semplificazioni pericolose. Introdurre una sorta di filtro di ingresso nella procedura ordinaria rischia di creare rifugiati di serie A e rifugiati di serie B.
In Sicilia sono già state registrate gravi irregolarità nell’accesso alla procedura per richiedenti asilo di nazionalità non candidabili alla relocation.
Su Relocation e Regolameto Dublino
Ci pare infine preoccupante il fatto il programma di relocation preveda la possibilità di ricorrere alla coercizione e alla detenzione. In nessun caso è ammissibile la detenzione di un potenziale rifugiato solo perché cerca di realizzare un progetto di vita diverso da quello contemplato dalle attuali norme europee.
È necessario definire un nuovo meccanismo che regoli in coinvolgimento degli Stati membri rispetto agli arrivi dei migranti forzati: il Regolamento di Dublino, che nel corso degli ultimi mesi è stato di fatto superato dagli accadimenti, è chiaramente inadeguato, inefficace e non più utile a gestire la situazione. Si deve immaginare un meccanismo completamente diverso di condivisione di responsabilità, che non guardi unicamente alla procedura d’asilo, ma più ampiamente alle prospettive a medio e lungo termine per chi si vede riconoscere la protezione internazionale da uno Stato europeo.
Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli sottolinea: «È urgente contrastare le cause delle migrazioni forzate, in un’ottica di promozione della pace e della giustizia. Assolutamente vitale appare un nuovo protagonismo in Africa. Una particolare attenzione è richiesta nelle situazioni in cui sono in atto conflitti e gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani: è il caso, ad esempio, di molti Paesi coinvolti nel Processo di Khartoum, daSud Sudan all’Eritrea. La gestione delle migrazioni e il contrasto del traffico di esseri umani deve tenere conto del dovere di proteggere le persone. Qui al Centro Astalli incontriamo quotidianamente rifugiati in fuga da Paesi che vengono talora definiti sicuri, che hanno vissuto sulla loro pelle persecuzioni di straordinaria gravità: Nigeria, Gambia, Mali, Mauritania. Sarebbe molto grave se a queste persone venisse sistematicamente impedito l’accesso alla protezione».
nov 15 2015
Ripamonti, Centro Astalli: Il Summit di Malta dia il via a un cambiamento sostanziale delle politiche migratorie UE
L’11 e il 12 novembre si è svolto il Summit di Malta sulla migrazione, al fine di discutere non solo a proposito delle misure adottate dai paesi europei per fronteggiare i flussi, ma anche per indagare sulle cause profonde della migrazione e analizzare la questione nei paesi di origine dei flussi migratori e in quelli di transito. La conferenza è stata incentrata sui processi di cooperazione esistenti tra l’Europa e l’Africa, in particolare i processi di Rabat e di Khartoum sulla migrazione e il dialogo Unione Europea – Africa in materia di migrazione e mobilità. Al vertice hanno partecipato i rappresentanti degli Stati Membri dell’Unione Europea e dei paesi partecipanti ai processi di Rabat e Khartoum, gli osservatori dei processi di Rabat, i rappresentanti della Commissione dell’Unione Africana e della Commissione della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), i rappresentanti delle Nazioni Unite (ONU) e dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).
Il Centro Astalli, in occasione del vertice di Malta, ha sottolineato alcuni punti cruciali per un cambiamento sostanziale e non più procrastinabile delle politiche UE in materia di migrazione.
Come evitare altre morti durante i viaggi verso l’Europa?
Non si può tollerare che continuano le stragi quotidiane nel Mediterraneo, a cui si sommano quelle meno visibili nel Sahara e lungo le rotte della migrazione forzata. È urgente creare vie sicure e legali di accesso all’Europa: rilascio di “visti umanitari”, sospensione temporanea dell’obbligo di visto in alcune situazioni critiche; incremento del resettlement, ampliamento del diritto al ricongiungimento familiare o altri meccanismi che potrebbero essere sperimentati in progetti pilota, in collaborazione con chi opera nei Paesi di origine o di transito. Ma devono essere misure proporzionate per quantità al bisogno. Nonostante il dichiarato impegno a contrastare il traffico di esseri umani, non abbiamo ancora visto un impegno europeo significativo su questo tipo di misure, che sono le uniche in grado di contrastare effettivamente lo smuggling.
La soluzione non può essere chiudere le frontiere
Lo sforzo di mettere in atto azioni di tutela umanitaria di emergenza lungo le rotte percorse dai rifugiati, specialmente in vista dell’arrivo dei mesi invernali, è apprezzabile e sensato. Preoccupa invece l’intenzione di bloccare i flussi in Paesi fuori delle frontiere esterne dell’Unione. Non è accettabile che l’Europa deleghi gli obblighi di protezione a Paesi Terzi che non possono assicurare standard di protezione adeguati alla dignità e ai diritti delle persone. La protezione effettiva dei rifugiati deve essere prioritaria rispetto all’esigenza di contenere i flussi.
La solidarietà europea
Nutriamo serie perplessità rispetto alle modalità di questo programma di relocation, su cui si sta facendo un investimento considerevole. Il piano proposto appare non solo numericamente insufficiente, ma non privo di punti critici.
Associare la protezione internazionale ad alcune nazionalità di origine, suggerendo che i cittadini di alcuni Stati abbiano chiaramente bisogno di protezione e quelli di altri Stati non abbiano invece titolo, può portare a semplificazioni pericolose. Introdurre una sorta di filtro di ingresso nella procedura ordinaria rischia di creare rifugiati di serie A e rifugiati di serie B.
In Sicilia sono già state registrate gravi irregolarità nell’accesso alla procedura per richiedenti asilo di nazionalità non candidabili alla relocation.
Su Relocation e Regolameto Dublino
Ci pare infine preoccupante il fatto il programma di relocation preveda la possibilità di ricorrere alla coercizione e alla detenzione. In nessun caso è ammissibile la detenzione di un potenziale rifugiato solo perché cerca di realizzare un progetto di vita diverso da quello contemplato dalle attuali norme europee.
È necessario definire un nuovo meccanismo che regoli in coinvolgimento degli Stati membri rispetto agli arrivi dei migranti forzati: il Regolamento di Dublino, che nel corso degli ultimi mesi è stato di fatto superato dagli accadimenti, è chiaramente inadeguato, inefficace e non più utile a gestire la situazione. Si deve immaginare un meccanismo completamente diverso di condivisione di responsabilità, che non guardi unicamente alla procedura d’asilo, ma più ampiamente alle prospettive a medio e lungo termine per chi si vede riconoscere la protezione internazionale da uno Stato europeo.
Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli sottolinea: «È urgente contrastare le cause delle migrazioni forzate, in un’ottica di promozione della pace e della giustizia. Assolutamente vitale appare un nuovo protagonismo in Africa. Una particolare attenzione è richiesta nelle situazioni in cui sono in atto conflitti e gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani: è il caso, ad esempio, di molti Paesi coinvolti nel Processo di Khartoum, daSud Sudan all’Eritrea. La gestione delle migrazioni e il contrasto del traffico di esseri umani deve tenere conto del dovere di proteggere le persone. Qui al Centro Astalli incontriamo quotidianamente rifugiati in fuga da Paesi che vengono talora definiti sicuri, che hanno vissuto sulla loro pelle persecuzioni di straordinaria gravità: Nigeria, Gambia, Mali, Mauritania. Sarebbe molto grave se a queste persone venisse sistematicamente impedito l’accesso alla protezione».